C'è una parte del mio lavoro che preferisco a tutte le altre: la possibilità di girare la città e il Paese, vedere quartieri sconosciuti e città nuove, incontrare persone comuni e fuori dall'ordinario, conoscere professioni e mestieri di cui non sospettavo neppure l'esistenza. Il piacere della scoperta di un luogo sconosciuto supera il disagio dello spostamento, l'onore di conoscere altre persone supera il disagio del primo approccio, lo stupore per l'ingegno di alcuni imprenditori supera la difficoltà di comprendere la complessità di alcuni processi produttivi.
Grazie soprattutto al mio lavoro di consulente e di formatore (spesso presso la sede del cliente), mi permetto una conoscenza del territorio, delle persone e del lavoro davvero appagante; soprattutto non saprei come ottenerla altrimenti.
Eppure mi relaziono spesso con alcuni altri professionisti che sono di opinioni e abitudini diverse dalle mie. Sulle prime tendo a demonizzare il diverso: in questo caso i professionisti che vivono arroccati nelle loro torri d'avorio e pretendono di avere contatti con clienti e partner attraverso le nuove tecnologie di comunicazione. Per me il telefono è una nuova tecnologia di comunicazione, figuriamoci l'email, i messaggini, i social network che rappresentano un futuribile fuori dalla mia comprensione. Sono orgogliosamente all'antica preferendo sempre un contatto dal vivo e allo stesso tempo credo che i professionisti contemporanei nelle loro torri d'avorio possano solo immaginare i bisogni dei loro clienti proponendo astrazioni infarcite di termini tecnici e specialisti.
E a volte il mio giudizio è affrettato nonché errato. Perché effettivamente ci sono persone che conoscono a fondo il loro mestiere e i bisogni dei loro clienti senza dovere entrare in contatto con loro in maniera così "fisica". Alla fine siamo diversi: il mio orientamento è sulla persona non sulla conformità tecnica, la mia maggiore soddisfazione è sciogliere un carattere diffidente invitando una persona a parlare di sè e della sua carriera. Non riesco a privarmi dei dettagli di un luogo e di una lavorazione percepiti con i miei occhi e la mia presenza. Non sono spesso in ufficio né a casa, ma sono sempre in me, sopratutto con gli altri.
mercoledì 30 ottobre 2013
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