venerdì 9 maggio 2014

Gli adempimenti di sicurezza per le piccole aziende

Credo di aver perso l'occasione di partecipare ad un convegno molto interessante da titolo "Salute e Sicurezza nel Decreto del Fare. Novità e prossimi sviluppi" che si è tenuto il 5 febbraio ed è stato organizzato da AiFOS e Confcommercio. Ne sono venuto a conoscenza attraverso gli articoli di PuntoSicuro che ricevo quotidianamente, essendo ormai da anni abbonato alla newsletter.

L'intervento di Lorenzo Fantini è stato già oggetto di un post di questo blog, oggi vorrei commentare l'intervento di Pierpaolo Masciocchi, responsabile nazionale sicurezza di Confcommercio sulla semplificazione degli adempimenti per le piccole imprese.

Il tema è in evidenza da molto tempo, anche nelle reazioni degli imprenditori che intendono mettersi in regola con gli adempimenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Una volta presentato il preventivo, la reazione del piccolo imprenditore è sempre la medesima: "davvero devo fare tutte queste cose per essere in regola? dopotutto la mia è solo una piccola azienda". A me non resta che esprimere un sincero accordo con la constatazione espressa dal potenziale cliente. A volte condivido con lui la mia personale convinzione secondo la quale il decreto 81 è pensato per l'impresa manifatturiera di medie dimensioni, con i lavoratori che sono lì da sempre ed esauriranno lì la loro intera carriera lavorativa insieme al datore di lavoro, sempre presente nei reparti a sovrintendere a stretto contatto con i capi reparto.

Aldilà della mia personale convinzione, il decreto 81 ha una portata generale ed è apparentemente vero che uno studio professionale con una segretaria ed un ufficio con 100 impiegati devono assolvere agli stessi obblighi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Varia però l'aspetto quantitativo.

Qualche anno addietro, sulla scorta della Conferenza Stato Regioni che finalmente stabiliva i criteri per la formazione dei lavoratori, qui in azienda ci divertimmo a calcolare l'impegno di risorse espresso in ore/lavoro che l'imprenditore doveva spendere per regolarizzare l'obbligo di formazione nei confronti dei lavoratori attraverso tre esempi di piccole aziende con profili di rischio differenti. Ecco cosa venne fuori:




Come si evince dai dati riportati sopra, al variare della classe di rischio varia a volte la natura degli obblighi e all'aumento del numero dei lavoratori sale sempre il numero di ore lavoro da investire in formazione. Sembrerebbe quasi che l'attuale normativa tenga conto della classe di rischio e della numerosità dei lavoratori. Neppure si riscontra una perfetta uniformità di obblighi formativi, almeno in termini quantitativi, per aziende di diversa classe di rischio. Per aziende diverse quindi gli adempimenti generali di sicurezza sono diversi.

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